01 Ott

Condanna a Mimmo Lucano, Europasilo: “Delegittimato il valore di accogliere”

Esprimiamo solidarietà a Mimmo Lucano e alle altre persone condannate e, pur in attesa delle motivazioni della sentenza, vogliamo far emergere dubbi e grandi perplessità sulla pesantezza delle pene inflitte.

Vogliamo anche invitare a riflettere e far riflettere sui meccanismi messi in pratica, da più parti e da diversi anni, per delegittimare il valore, il dovere e la pratica dell’accoglienza, per minare progetti innovativi, per ostacolare risposte anche sperimentali finalizzate all’integrazione e alla crescita complessiva dei territori.

Vogliamo segnalare la costante precarizzazione dell’accoglienza pubblica e la criminalizzazione di esperienze di accoglienza fortemente radicate nei territori e caratterizzate da evidenti valori di solidarietà, che alcune forze hanno sistematicamente praticato, anche nel silenzio di molti, proprio per colpirne il loro valore politico e sociale.

Vogliamo rilanciare la legalità come vero strumento di giustizia, perchè la sproporzione delle pene inflitte a colleghi incensurati che hanno la sola colpa di aver accolto, ci ricorda chiaramente che l’accanimento della legalità non coincide con l’affermazione della giustizia.

20 Set

PROFUGHI AFGHANI, EUROPASILO: RIATTIVARE SUBITO IL SISTEMA SAI

La Rete Nazionale Europasilo, composta da enti di tutela che da tanti anni lavorano su numerosi territori italiani all’interno dell’attuale Sistema di Accoglienza e Integrazione (ex SPRAR/SIPROIMI), impegnati quotidianamente a garantire processi di tutela, protezione ed inclusione a favore delle persone costrette a migrazioni forzate, esprime forte preoccupazione relativamente a quanto sta accadendo in Afghanistan ed alle persistenti violazioni dei diritti umani che la popolazione afghana sta subendo.

Un’emergenza internazionale che si somma alle numerose altre, non per ultimo al dramma delle tante persone bloccate ormai da troppi mesi sulla cosiddetta Rotta Balcanica e a tutti coloro ancora costretti a regimi detentivi e a trattamenti inumani e degradanti in altre zone del mondo. Di fronte a questa drammatica situazione l’Europa non è stata ancora in grado di assumere scelte adeguate organizzando piani di reinsediamento dai paesi terzi, tra i quali i paesi balcanici, nei quali sono bloccati i rifugiati afghani, né ha ancora adottato una concertazione ampia tra gli Stati dell’Unione per il rilascio di visti umanitari, pur previsti dall’art. 25 del Codice europeo dei visti, ai/alle cittadini/e afghani/e che per la loro condizione politica, sociale, religiosa o per altre ragioni sono in condizioni di costante ed evidente pericolo e che non possono avere adeguata protezione nei Paesi in cui si trovano.

Nel frattempo, diversi cittadini afgani sono stati soccorsi e trasferiti sul territorio italiano ma purtroppo ad oggi la modalità di accoglienza degli stessi da parte dello Stato italiano appare ancora confusa e contraddistinta da un carattere di emergenzialità.

Data l’attuale situazione riteniamo importante ribadire la centralità di un modello di accoglienza unico, diffuso, strettamente dialogante coi territori ed in grado di esprimere il riconoscimento dei diritti garantendo servizi adeguati sempre più incardinati nel welfare territoriale.

Pur consapevoli del carattere emergenziale della crisi afghana, riteniamo che il modello di accoglienza più efficace debba affermare il ruolo strategico degli Enti Locali così come avviene all’interno della rete SAI.
La Rete Europasilo, convinta che l’unico modello di accoglienza possibile debba essere incardinato all’interno del welfare locale, guarda con preoccupazione alla gestione dell’accoglienza che ha fatto seguito all’arrivo di cittadini afghani. In particolare, chiede che:

1) L’accoglienza avvenga all’interno del sistema SAI anche attraverso l’ampliamento della rete stessa tramite Decreto Ministeriale, ad oggi non ancora definito. Risulta infatti preoccupante quanto indicato in numerose circolari ministeriali dove, ancora una volta, viene attivato il sistema di accoglienza emergenziale guidato dalle singole Prefetture locali (CAS)
2) L’ampliamento sia strutturale e non solo legato all’emergenza seguita all’arrivo di cittadini afghani ma in grado di dare risposte coerenti con i nuovi riferimenti normativi ai richiedenti protezione internazionale ad oggi ancora accolti nei CAS. Per tali ragioni Europasilo esprime una forte preoccupazione in relazione alla possibilità che l’annunciato, e neppure non ancora realizzato, ampliamento del sistema SAI non sia tale in realtà in quanto venga temporalmente limitato ad un anno, sia assai contenuto nei numeri (tanto da coprire di fatto solo le esigenze di accoglienza dei rifugiati afghani arrivati con il ponte aereo e non anche gli inevitabili prossimi arrivi) e preveda nuovi posti di accoglienza destinati solo ai rifugiati afghani delineando un pericoloso ed irragionevole regime di separazione da tutti gli altri rifugiati che pure hanno la medesima condizione giuridica. Il dramma dell’Afghanistan deve infatti costituire occasione per ampliare e consolidare il sistema di accoglienza e protezione nel suo complesso senza riproporre nuovamente lo stesso approccio emergenziale che da decenni blocca lo sviluppo di un adeguato ed efficiente sistema nazionale di accoglienza.

Come Rete Europasilo riteniamo quindi necessario riprendere e sviluppare ulteriormente le tesi di riforma del sistema di accoglienza, protezione ed integrazione pubblicate nell’ultimo Convegno Nazionale, attivando occasioni di concreto confronto e approfondimento con tutti gli Enti Locali interessati e gli enti di tutela attivi sul territorio nazionale.

Nelle prossime settimane organizzeremo quindi momenti di confronto, ascolto e co-progettazione per giungere a ulteriori proposte, nella speranza di incontrare un’ampia condivisione tra gli attori già coinvolti nel sistema di accoglienza istituzionale e degli Enti Locali.

EUROPASILO – Profughi afghani, ampliare il sistema Sai

03 Gen

LA NAVE DEI DANNATI – Appunti per una riflessione sullo stato del nostro presente

Di Gianfranco Schiavone

Se anche solo qualche anno fa qualcuno avesse immaginato che una nave che effettua un soccorso umanitario nel Mediterraneo sarebbe rimasta a vagare nel mare perché nessun Paese, dico nessuno, dell’Europa democratica, decideva di farsi carico del suo soccorso e dello sbarco in un porto sicuro, avremmo tutti pensato a una scenario di fantapolitica. Avremmo in particolare detto che questo scenario è incompatibile con la vita democratica e che nessuna forza politica in Italia e in Europa avrebbe condiviso una simile aberrazione.

            Purtroppo non è così: oggi, 3 gennaio 2018 la nave della Ong Sea Watch è ancora in mare in attesa di un porto dopo 13 giorni dal soccorso con il suo carico di persone salvate dal naufragio.

Non voglio qui scrivere delle gravi violazioni di legge (in particolare del diritto internazionale sul soccorso in mare) che questa incredibile situazione evidenzia. E neppure delle evidenti e profonde lacune giuridiche che le norme in materia pur presentano, e che rendono difficile e incerta la loro applicazione.

            Intendo invece riflettere con tutti voi constatando che non siamo più di fronte a un fatto come un altro, anche se grave, bensì a un fatto in qualche misura estremo che ci permette di guardare allo stato del nostro presente con dolorosa chiarezza. Ciò di cui sto scrivendo non riguarda le norme e le politiche sulla migrazione bensì ha a che fare con qualcosa di più importante e centrale nella nostra vita ovvero con un senso di umanità che appare del tutto smarrito.

            Nel suo messaggio di fine anno il presidente della Repubblica ha fatto un preoccupato riferimento alla diffusa mancanza del senso di appartenenza ad una Comunità. E’ sicuramente così ma temo che lo scenario sia ancor più grave: non c’è più comunità perché sono accantonati e ripudiati i doveri inderogabili di solidarietà che sono a fondamento delle comunità democratiche e, di conseguenza, sono calpestati, e prima ancora ridicolizzati, i diritti fondamentali della Persona, specie se essa si trova in una condizione di particolare debolezza.

            Il disprezzo per i diritti fondamentali della persona è prima di tutto un comportamento attivo, rivendicato con ostentazione: oggi chi coltiva il rancore e incita a rifiutare i soccorsi ululando sui social acquista consenso, non lo perde. Assistiamo così da tempo a un crescente e sempre più rapida legittimazione della violenza che pochi avvertivano fino a poco tempo fa ma che oggi è drammaticamente sotto gli occhi di tutti.

            In questa società senza legami tra nessuno sembra alzarsi solo il grido del “prima noi”. Un “noi” indistinto e violento che non ha nessun contenuto e che cambia continuamente mentre si cerca inutilmente di definirlo. L’alleanza attorno al presunto “noi” è solo uno strumentale e provvisorio aggregarsi del branco, formatosi al bisogno per agire contro qualcuno ma destinato a sciogliersi subito dopo per lasciare il posto alla solitudine del singolo che ritorna nel nulla.

            Un amico mi faceva acutamente notare che il nostro turbolento Paese è sempre stato attraversato negli ultimi vent’anni da fenomeni di mala gestione della cosa pubblica e sempre ha prodotto personaggi politici torbidi e spesso picareschi e ridicoli nelle loro manifestazioni pubbliche e nella loro inconsistenza culturale. E’ vero, ma è a mio avviso nuovo, nel senso di non finora raggiunto, il livello di gravità della situazione in cui ci troviamo perché, come nella Fisica i cambiamenti quantitativi producono a un certo punto un cambio di stato delle cose, così anche nella vita sociale i cambiamenti non si situano su una scala infinita nella quale semplicemente ogni gradino è più basso di quello precedente, ma a un certo punto si produce un mutamento netto del patto sociale. Quanto sta avvenendo con le navi abbandonate nel Mediterraneo, come i continui episodi di violenza, intolleranza e odio che si verificano ovunque dice che un drammatico mutamento nel nostro ordinamento sociale potrebbe non essere lontano.

            Dobbiamo quindi fare massima attenzione a quanto sta avvenendo attorno a noi ed essere consapevoli che sulla cosiddetta gestione delle migrazioni si misura la tenuta della democrazia nel nostro paese come altrove. Parimenti è in pericolo la tenuta dell’Europa intesa non già come pesante e deficitario conglomerato istituzionale da riformare in profondità, bensì come percorso di evoluzione storica di  un continente che ha tentato di emergere da un passato recentissimo di guerre e distruzioni totali per diventare uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.

Trieste, 3 gennaio 2018

29 Ott

No al decreto Salvini, mille in piazza a Parma

Un migliaio di persone che ha voluto “Metterci la faccia” per dire no al Decreto Salvini e dire che esiste un’altra accoglienza possibile. E’ stata questa la manifestazione che si è svolta sabato a Parma, una piazza piena, colorata e gioiosa che ha voluto far sentire la propria voce e sostenere delle modifiche al decreto.
Nel corso della manifestazione in tanti hanno voluto metterci la faccia per sostenere i progetti Sprar e promuovere una accoglienza diversa.


29 Ott

Torino, centinaia di persone contro il dl Salvini

“Fermate il decreto Salvini”. È questo l’appello lanciato dalla rete Europasilo che oggi a Torino, in piazza Castello, ha chiamato a raccolta centinaia di persone in segno di protesta contro il decreto sicurezza: “Il decreto sicurezza, se attuato così come è cancellerà diritti costituzionali e uguaglianze sostanziali e porterà centinaia di persone in strada senza un vero progetto di vita facile preda di marginalità e sfruttamento”.

16 Ott

Successo per la manifestazione “Restiamo umani” a Brescia

SABATO 13 OTTOBRE – BRESCIA – Tanti erano i partecipanti alla manifestazione «Restiamo umani» promossa da Campagna accoglienza, Comitato articolo 10 e Consulta per la Pace del Comune di Brescia. Da largo Formentone, in centro, i partecipanti hanno così voluto ribadire, in un momento segnato da forti tensioni, la loro prospettiva sul tema migranti.

Soccorrere, accogliere, integrare e unire. Queste le quattro parole fondamentali che hanno alimentato l’iniziativa. «L’obiettivo è rimettere al centro dell’opinione pubblica il principio umanitario – ha sottolineato tra gli altri Agostino Zanotti, del coordinamento provinciale degli Sprar – . Crediamo che il soccorso in mare sia fondamentale per la salvezza delle persone, che accogliere sia un principio fondamentale per la nostra civiltà, così come integrare per far inserire al meglio gli stranieri nelle nostre comunità».